Da Nietzsche all’intelligenza artificiale: la progressiva demolizione di tutte le certezze

LE TEORIE SULLA CONOSCENZA E LA LORO EVOLUZIONE NEI SECOLI

La sete di conoscenza è una necessità che accomuna tutta l’umanità in tutte le epoche possibili. Essa spesso si lega alla curiosità, alla necessità costante di dare risposta alla domanda cardine più antica del mondo: “perché?”.

Da questa necessità nasce la filosofia, la “scienza delle scienze”, arte del pensiero che ha coinvolto le teorie e le intuizioni dei più grandi pensatori della storia sino a dare origine a nuove discipline e branche della scienza. La brama di conoscenza ha portato i primi filosofi della storia a interrogarsi su quale fosse il principio di tutto, considerando dapprima l’unicità dei singoli elementi fondamentali o, successivamente, cause che richiamassero la molteplicità sino, ad esempio, all’atomismo democriteo. Successivamente, però, la ricerca filosofica sui principi della conoscenza ha inglobato un ulteriore fattore caratteristico per la determinazione del sapere e dello scibile umano: il progresso scientifico.

Nel XV secolo invenzioni e nuove teorie scientifiche rivoluzionano i sistemi sociali e di pensiero sino ad allora contemplati. La conoscenza certa è ormai quella scientifica, del metodo, dell’esperienza. Il metodo galileiano diventa l’emblema della ricerca e la matematica, la fisica, la geometria, i suoi strumenti. Sino ad ora, però, le facoltà del singolo non sono contemplate, se non per registrare i dati esperienziali e portare a conclusione quel metodo di ricerca che ha origini dall’osservazione del fenomeno e dalla conseguente formulazione di un’ipotesi. Rivoluzionaria è, però, la contemporanea posizione di René Descartes. La sua ricerca non si basa sul metodo scientifico ormai dilagante; egli adotta un procedimento del tutto nuovo e inusuale: il dubbio iperbolico. Diffidando di tutto ciò che era ritenuto certo, persino della matematica, egli conduce un’analisi minuziosa per identificare l’unica certezza cardine per l’uomo che sintetizzerà, poi, nella celebre espressione “Cogito ergo sum”.

SOGGETTO E CONOSCENZA

La teoria del “Penso, quindi sono” segna un punto di svolta fondamentale nell’ambito della gnoseologia. Emerge per la prima volta un’entità diversa da Dio o dall’Essere parmenideo, contemplata dall’uomo in relazione a sé stesso e non a ciò che lo circonda: il soggetto.

Il soggetto non è, però, corpo o anima, mente o cuore. È intangibile, ma senziente e, soprattutto, è in grado di ragionare. Come può, però, il soggetto essere in grado di tutto ciò? Come nasce realmente la conoscenza per il soggetto e quali sono i suoi limiti? Questi conseguenti interrogativi saranno il fulcro della filosofia kantiana. Immanuel Kant, infatti, sosterrà a fondo l’importanza del soggetto, cercando di individuare come questi adopera la ragione per tracciare delle linee guida al fine di poter manovrare al meglio la conoscenza anche in ambito politico e sociale, garantendo un clima di pace basato sulla consapevolezza che la ragione può avere di se stessa quando viene a conoscenza dei propri limiti e dei propri metodi conoscitivi, ossia le forme a priori con le quali essa opera. I suoi limiti, tuttavia, privano la ragione della possibilità di conoscere la realtà per ciò che è, il noumeno, riservandole solo un’immagine distorta di essa, il fenomeno come unica realtà conoscibile dall’uomo.

Kant eleva, quindi, il soggetto a strumento per conseguire quella “pace perpetua” della quale egli stesso si fa portavoce, affidandogli un ruolo centrale all’interno della società. Obiettivo, questo, demolito poi dall’idealismo hegeliano, nel quale il soggetto verrà totalmente assorbito nell’Assoluto che è tutto, perdendo così di significato. La sua importanza verrà tuttavia reintegrata dalla filosofia di Schopenhauer e Kierkegaard, i quali inizieranno ad addentrarsi in quella ricerca che supera la sola osservazione delle azioni del soggetto, ma si addentra soprattutto nelle sue insidie che, ad oggi, definiremmo psicologiche.

IL POSITIVISMO E IL SOGGETTO

Sarà questo, infatti, il punto di partenza per la corrente culturale del Positivismo, la quale fonderà l’enfasi del progresso e della scienza sugli aspetti ancora sconosciuti della mente umana. In questo periodo, infatti, si cerca sempre di più di dare una definizione e una spiegazione a tutti quei fenomeni psicologici e caratteriali che si possono distinguere tra i singoli adoperando metodi di ricerca rigorosamente scientifici.

È così, quindi, che tra l’800 e il ‘900 il soggetto diventa oggetto di analisi. È in questo contesto che si inserisce la critica al Positivismo di Nietzsche, una delle personalità più influenti del ‘900, che contribuirà ad avviare un periodo di incertezze e di crollo dei fondamenti sino ad allora ritenuti portanti, i cui effetti si riscontrano ancora al giorno d’oggi.

IL CROLLO DELLE CERTEZZE E DEL SOGGETTO

Nietzsche rimprovera proprio la contemplazione analitica e asettica dei fenomeni, la quale si limita alla banale elaborazione di “fatti” che il filosofo relega a pure interpretazioni. Nonostante ciò sarebbe comunque errato, per Nietzsche, definire tali interpretazioni puramente soggettive, in quanto tale affermazione sarebbe di per sé contraddittoria nel suo cercare di definire e, quindi, interpretare quella precedentemente esplicitata.

È qui che Nietzsche lascia cadere anche il presupposto dell’esistenza del soggetto, ritenendolo non solo, di per sé, un’invenzione, ma considerandolo persino un’invenzione non necessaria ai fini della conoscenza: il mondo e la realtà sono conoscibili, ma essi possono essere interpretati in innumerevoli modi e senza definizioni valide per tutti.

“PROSPETTIVISMO” E RELATIVISMO

Sull’onda di questa concezione che Nietzsche stesso battezza con il nome di “Prospettivismo”, la crisi dei fondamenti si identifica e dilaga in diversi ambiti e in varie forme. Tutto viene messo in discussione.

Il 1905 è un anno simbolico e rivoluzionario per il mondo della scienza, ad esempio, la quale, nonostante la crisi, mantiene comunque un ruolo centrale per il progresso e ritmi sostenuti. In questa data, infatti, Albert Einstein pubblica le proprie teorie sulla relatività generale, mutando la percezione di tutti i sistemi di riferimento considerati dalla fisica classica. Il concetto fondamentale di tempo, lo stesso tempo che Kant reputava una forma di conoscenza a priori fondamentale, viene messo in discussione. Esso diventa relativo: dipende, cioè, dal sistema di riferimento inerziale tenuto in considerazione.

Questa teoria riprende quindi il prospettivismo di Nietzsche, contestualizzandolo, però, in ambito scientifico e definendo il passaggio dalla fisica classica a quella moderna.

PROGRESSO, SCIENZA E SOGGETTO NEL 2025

Ripercorrendo, quindi, tutti i momenti chiave dell’evoluzione della conoscenza dell’uomo, probabilmente si riparte con più dubbi e più domande rispetto all’inizio. Mantenendo una continuità storica, risulta particolarmente interessante analizzare gli aspetti già discussi in relazione all’epoca a noi contemporanea. Dopo la crisi dei fondamenti e del soggetto, ad oggi il progresso è comunque sempre più dilagante in numerosi ambiti prettamente scientifici, in particolare nel settore delle tecnologie informatiche. È perciò opportuno chiedersi se nel 2025 è possibile fidarsi di tale progresso e quale ruolo assuma il soggetto, entità ormai astratta e probabilmente vuota di significato, in questo contesto.

In particolare, con la diffusione e la pratica dell’intelligenza artificiale la scienza ha permesso di facilitare notevolmente alcune procedure particolarmente difficili da praticare per l’uomo. I suoi benefici sono decisamente notevoli, eppure spesso si parla di tale invenzione umana come una piaga. Adottando, infatti, come Nietzsche insegna, una prospettiva diversa sono evidenti anche gli aspetti negativi che tale tecnologia ha in serbo per l’uomo.

È ormai sempre più frequente la diffusione di notizie completamente false o alterate dalla AI che distorcono completamente la realtà, diffondendo ignoranza e ingannando la gente. Tuttavia, l’aspetto peggiore di un maniacale utilizzo delle intelligenze artificiali risiede nella volontà degli utenti di sostituire le facoltà degli strumenti utilizzati alle proprie, affidandosi perdutamente o completamente all’intervento di programmi tecnologici per svolgere compiti di varia natura, di creare materiale o ricevere risposte.

Questo totale abbandono all’AI nasconde la penuria sempre più diffusa di spirito critico, curiosità, intraprendenza e, soprattutto, autonomia intellettuale. C’è chi affida i propri problemi ad un computer, aspettando che vengano risolti da quello che è, paradossalmente, un prodotto dell’intelligenza umana. Il “soggetto” si nasconde perciò, letteralmente, dietro ad un dispositivo, ignorando o selezionando le proprie facoltà di pensiero, alienando e perdendo la cognizione di quale sia il suo ruolo o constatando persino se effettivamente ne abbia uno.

Il soggetto (o la soggettività) man mano è così prosciugato di tutto quel suo significato che in passato aveva conquistato, rischiando ormai di diventare strumento in mano delle macchine come nella società capitalistica della fine dell’800.

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