La storia di Andrea: a partire da una “lavatrice sbagliata” per riflettere sul potere delle parole

di Pierpaolo Di Gregorio, classe I D Scienze applicate

Questo film, intitolato “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, parla della storia di un ragazzo di nome Andrea, molto giovane e con parecchie difficoltà sociali, che fa fatica ad esprimersi con gli altri e ad avere rapporti d’amicizia. Più volte ha subito azioni di bullismo a causa della sua timidezza e della sua vergogna ad esprimersi anche con i suoi stessi compagni.

Non ha una famiglia che lo sostenga: i suoi genitori litigano spesso, condizionando l’umore dei figli, soprattutto quello di Andrea che, essendo più grande, comprende a pieno la situazione, ma non riesce ad accettarla.

Arrivato alle superiori fa conoscenza con una nuova amica: in poco tempo diventano inseparabili e molto affiatati tra loro; sfortunatamente a causa di un litigio il loro rapporto d’amicizia si scioglie. Andrea si trova costretto a relazionarsi con un suo ex compagno delle medie, Cristian, che più volte lo aveva deriso. Cristian si comporta in maniera strana con lui: a volte lo tratta come un fratello, altre lo prende in giro, creandogli insicurezze e un grande senso di confusione e tristezza. L’amicizia alla nostra età è un elemento importante della vita, dai rapporti di amicizia derivano la sicurezza personale e la gioia della condivisione con i propri coetanei.

Un giorno Andrea indossa i suoi nuovi pantaloni rosa, stinti durante un lavaggio sbagliato. Agli occhi di tutti sono un segnale negativo, da deridere: Cristian lo chiama “femmina”. Da questo momento comincia una escalation di atti di derisione, violenza, pubblica umiliazione per Andrea. La scuola intera lo addita, lo giudica, lo deride, mettendo sul suo cuore un peso difficile da sopportare.

La solitudine familiare, l’allontanamento dei suoi due unici amici, che avevano rappresentato una famiglia alternativa per lui, sono condizioni che generano grandissima sofferenza e impossibilità di darsi una spiegazione.

I social rendono questa sofferenza ancora più grande, pubblica, diffusa, nota a tutti. Non c’è un posto in cui Andrea possa nascondersi, perché i social lo inseguono ovunque e il profilo Facebook creato per umiliarlo è fitto di parole offensive, allusioni, derisioni.

La colpa di Andrea era aver semplicemente indossato dei pantaloni che lui riteneva belli, indipendentemente dal colore, perché non esiste una selezione tra colori maschili o femminili, ognuno è libero di indossare, usare o preferire il colore che a lui piace!

L’omosessualità è ancora un concetto usato nella nostra società per offendere, umiliare. Ma la preferenza sessuale non descrive la persona che ciascuno è, né tantomeno è una caratteristica da deridere, perché è una scelta personale, un sentimento intimo, che ognuno di noi ha il diritto di manifestare e seguire.

Penso che il comportamento e il pensiero di Cristian sia molto diffuso al giorno d’oggi, e questo è un grande problema, perché il timore della derisione crea la paura di esprimersi, dimostrare chi si è realmente. Spero che questo film sia servito per riflettere su questo tema e soprattutto far ragionare sui comportamenti di giudizio, derisione, piccoli o grandi, a cui ci capita di assistere o di partecipare.

Ogni azione di ridicolizzazione può ferire l’altro, causare sofferenza e isolamento. I social aumentano la risonanza delle parole e rendono le parole più pericolose e mortali delle armi. Spero che, nel proferire parole di ogni genere, ciascuno sia riflessivo ed usi lo strumento della comunicazione in maniera matura e nonviolenta.

2 pensieri riguardo “La storia di Andrea: a partire da una “lavatrice sbagliata” per riflettere sul potere delle parole

  1. Descrizione accurata e riflessioni opportune. Non è facile affrontare l’adolescenza, soprattutto se ha gestirne i comportamenti sono l’adeguarsi ai social. Non sempre l’uniformarsi a un modello proposto dalla società è cosa buona e giusta.

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