«Sublime», la parola del giorno a Caffellatte su Telesveva

di Sabrina Piazzolla di 5A indirizzo Coreutico

Nell’ambito della collaborazione mattutina del Liceo “Da Vinci” di Bisceglie con la trasmissione Caffellatte di Telesveva, in diretta la mattina alle 7.45 sul sito e sulla pagina Facebook (clicca qui), vi presento la parola Sublime.

Il concetto di sublime è uno dei più complessi, affascinanti e indagati sulla “natura della bellezza”, ma anche della reazione dell’essere umano di fronte all’immenso o all’incommensurabile.

Sublime, dal latino sublimis, è un termine composto da sub-, “sotto”, e limen, “soglia”, dunque propriamente: “ciò che è al limite” oppure “che giunge fin sotto la soglia più alta”. Esso è quel sentimento dell’illimitato che provoca una sorta di “piacevole orrore” di fronte a uno spettacolo grandioso e sconvolgente della natura che affascina e inquieta al tempo stesso.

L’estetica del sublime fu elaborata per la prima volta da un autore anonimo greco, il cui “Trattato del Sublime”, risalente al I secolo d.C., studia il fenomeno in relazione agli effetti che la natura esercita sull’animo umano; fu poi ripresa e sviluppata in seguito nel XVIII secolo da Edmund Burke, che nel 1757 pubblica il trattato “Indagine sull’origine delle nostre idee di sublime e di bello”. Nell’idea di Burke è sublime “tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile…” , e pertanto il sublime può anche essere definito come “l’orrendo che affascina”.

La natura, nei suoi aspetti più terrificanti, diventa la fonte del sublime perché “produce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire”, un’emozione prodotta dalla consapevolezza della distanza insuperabile che separa il soggetto dall’oggetto: mostrando così l’inferiorità dell’uomo, in quanto può essere distrutto da una qualsiasi catastrofe naturale, ma al contempo la sua superiorità, poiché con l’ausilio della ragione riesce a comprendere e intendere ciò che lo sovrasta.

Qualche decennio più tardi, nel 1790, il filosofo tedesco Immanuel Kant, nella “Critica del Giudizio”, distingue due forme di sublime:

  • il sublime matematico, che ha per oggetto la grandezza della natura come ad esempio l’immensità del cielo o del mare.
  • Il sublime dinamico, che ha per oggetto la potenza della natura, che si manifesta ad esempio nei spaventosi effetti dei terremoti o delle tempeste.

In entrambi i casi la prima sensazione che l’uomo prova è il sentimento di impotenza, la comprensione della propria piccolezza rispetto all’eccessivamente grande; tuttavia, tale sensazione ne prevede successivamente un’altra opposta e antitetica, ossia quella di superiorità e di potenza rispetto alla natura: infatti mentre quest’ultima è legata alla sua dimensione materiale, l’uomo ha una dimensione spirituale che gli permette di collocarsi al di sopra della natura stessa.

Il sentimento del sublime è pertanto il passaggio dal sentimento di dispiacere e impotenza alla sensazione di piacere e di potenza, che porta l’uomo alla consapevolezza che il sublime non è nella natura, ma è in se stesso.

La nuova sensibilità estetica teorizzata nel ‘700 da autori come Kant lascerà una traccia profonda nella cultura successiva sino ad oggi alimentando anche la nascita del pensiero ecologico.

Dalla pittura di paesaggio ai moderni documentari la bellezza del paesaggio naturale è diventata sempre più chiaramente un patrimonio da tutelare, strettamente legato all’interazione tra uomini e natura, e quindi alle culture dei popoli che lo abitano.

Fin dall’epoca di Kant è diventato sempre più chiaro che la bellezza del paesaggio dipende da un complesso equilibrio di fattori naturali per cui la conservazione del paesaggio è inseparabile dalla tutela degli ecosistemi che lo rendono possibile.

La natura nel suo complesso, infatti, quando non è vista come sede localizzata di un sublime da difendere, è mercificata, resa disponibile, prima come una risorsa smisurata e inesauribile, dopo come discarica per quanto è stato rifiutato. Pertanto in questo radicato immaginario, che comporta la distruzione dell’ambiente naturale e la nascita di nuovi scenari urbani, si sta cominciando a rivalutare la natura incontaminata come un rifugio e una rigenerazione dell’animo.

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